Partirei con una definizione di Zygmunt Bauman di “La società liquida", società intesa come palcoscenico dove apparire, apparire a tutti i costi. Cosa succederebbe quindi se cancellassimo i volti, eliminassimo foto, eliminassimo stories e tutto ciò che mette in evidenza il nostro corpo? Cosa succederebbe se l’apparire non fosse più correlato all’immagine ma desse spazio alla parola?
Parte da qui la mia ispirazione e il mio coinvolgimento di Clubhouse.
Sono in casa sola, con una tuta, capelli legati, mani non curate, senza un filtro, senza un trucco, nessun accessorio. Vago così per casa accedendo ad una Room, ci sono 7 persone che non conosco, caspita devo alzar la mano per parlare? Finalmente parlo, improvvisamente più parlo e più mi accorgo di piacere, caspita ridono eppure non sanno neanche se sono bionda o bruna, caspita riesco a liberarmi di tante cose mai dette perché forse non mi vedono. Caspita sono io! Mi risiedo, rifletto: ho mai ascoltato davvero qualcuno con una fotocamera aperta e puntata su di me? L’ego e l’egocentrismo, la voglia di piacere, la voglia di non essere mai da meno difficilmente ci fa concentrare sulle parole, sulla fluidità di un discorso, sul tono dell’altra persona. Ho sempre ammirato infatti coloro che avevano il coraggio di comporre il numero e chiamare in radio per raccontarsi, ci vuole coraggio a mostrarsi con la voce tremolante, con la voce squillante, con un accento simpatico, con una dizione sbagliata, nasce dunque l’UNICITÁ.
Giulia Monteleone
Giovedì 18 Febbraio 2021