Marte. Mentre il mondo intero si prepara alla grande festa per i 50 anni dello sbarco sulla luna – il Mission Control Center di Houston tornerà com’era quel 20 luglio 1969, con un salto temporale costato 5 milioni di dollari per ricostruire fedelmente gli spazi e trasformarli nel primo memoriale della Nasa – il piccolo universo del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, Los Angeles, è concentrato sulla sua prossima missione: lanciare Mars 2020, la missione alla ricerca di tracce di vita su Marte. Con un obiettivo ulteriore, e cioè capire se l’uomo avrà qualche possibilità di sopravvivenza sul pianeta rosso. Il cinema ha già immaginato più volte come potrebbe essere – per citarne due: Matt Damon in “Sopravvissuto – The Martian” di Ridley Scott e Sean Penn negli otto episodi di “The First” – ma i 7.000 cervelli del Jpl sanno bene che la questione, al momento, è un’altra. Sintetizzando molto, bisogna ancora: a) arrivarci, all’orbita di Marte; e poi, b) sapere dove atterrare durante la discesa.
L’appuntamento ai cancelli di 4800 Oak Grove Dr è alle 10 del mattino. Il Jpl è il centro dedicato alla progettazione, allo sviluppo e alla costruzione delle sonde spaziali senza equipaggio della NASA. Si può visitare durante l’open day annuale, oppure prenotandosi con largo anticipo (a luglio vengono aperte le date di ottobre) o ancora avendo la fortuna di conoscere qualcuno che ci lavora. È successo a GQ e, qualche mese prima, a Vasco Rossi, invitato dal team che ha reso “ascoltabili” le onde gravitazionali. Il campus è nato negli Anni Trenta per i primi esperimenti sulla propulsione a razzo e rimane uno dei pochi centri capaci di mandare satelliti oltre la terra. Lo sanno fare anche gli indiani, mentre i cinesi stanno adesso cercando di tornare sulla luna. Cosa meno ovvia del previsto: lanciare un razzo intorno alla terra è facile, ma per uscire dall’orbita terrestre e dall’effetto della gravità ci vuole la potenza giusta. Ripetere l’impresa del 1969 – mandare l’uomo sulla luna e riportarlo a casa – potrebbe essere meno facile del previsto, è il pensiero diffuso. E comunque costare più di quanto si sia disposti a investire.
La cleanroom, l'area dove viene assemblata la navicella di Mars 2020
Il posizionamento di Sherloc, strumento che usa le stesse tecniche di indagine scientifica utilizzate in ambito forense
© Robert Markowitz - NASA - Johnson Space Center
Tra le palazzine degli uffici del Jpl ci sono delle zone aperte, ombreggiate dagli alberi e dotate di tavoli, dove si può lavorare open air. Per i momenti di pausa vera ci sono le caffetterie, la mensa e le due palestre. I visitatori accedono alle zone consentite, quelle dove rileggere la storia delle missioni nello spazio. L’immagine del Deep field, il campo profondo ripreso dal telescopio Hubble, che venne puntato su una regione buia della costellazione dell’Orsa maggiore, ricorda a chi passa che gli umani sono ancora meno della polvere: era il 1995 e da quel punto nero emersero 3.000 galassie; da allora, i cosmologi sono riusciti a guardare ancora più lontano. Fatti due conti, l’essere umano dovrebbe rivedere un po’ il senso delle priorità. Ad esempio, guardandosi attorno.
Cassiopeia A, resto di supernova della costellazione di Cassiopea
Sopra le nubi e le correnti gassose di Giove
Tra le missioni in lista al Jpl c’è Nisar, NASA-ISRO Synthetic Aperture Radar, una collaborazione tra americani e indiani che mapperà giorno e notte, dall’alto, con la tecnica dell’interferometria radar, lo stato della terra e le sue variazioni. Detto altrimenti: dal movimento dei ghiacciai all’abbassamento delle montagne, il monitoraggio del pianeta potrà dire molto, e in tempo reale, dei cambiamenti climatici, dei rischi naturali e antropogenici, dello stato di salute delle città. È già successo: nei mesi scorsi ha fatto notizia lo studio pubblicato da Pietro Milillo, 28 anni, ricercatore proprio al Jpl. Il cedimento del ponte Morandi a Genova era iniziato il 12 marzo 2017, 14 mesi prima del crollo: il dato è stato verificato a posteriori, ma in futuro i satelliti potranno dialogare con un sistema di sensori a terra e misurare le deformazioni del suolo con precisione millimetrica.
Chiacchierando si arriva davanti alla cleanroom, la "camera bianca", la struttura dove dal 1961 la Nasa assembla i suoi moduli spaziali senza equipaggio, e quindi anche la navicella della missione Mars 2020. «Ecco, qui c’è Twenty Twenty». Gli umani, bardati in tute che limitano l’inquinamento da tracce biologiche, lavorano intorno al futuro. All’inizio di giugno hanno scattato un selfie con il rover, che ha fatto il giro della rete, e la NASA ha avviato una diretta streaming per gli spettatori vogliono seguire le fasi di assemblaggio delle parti che verranno lanciate nello spazio il 17 luglio 2020. Se verranno rispettati i tempi e colta quella finestra di lancio, il rover potrà scendere a febbraio 2021. Nel frattempo, il Mars Reconnaissance Orbiter, la sonda che scandaglia il pianeta da anni, ha scoperto un nuovo cratere da impatto nella regione di Valles Marineris: è il più grande tra quelli visti finora e presenta delle macchie nere e blu, rocce basaltiche di origine vulcanica e residui di ghiaccio. Buone notizie per gli astronauti che verranno: il Martini on the rock è assicurato.
Il selfie degli ingegneri della Nasa con il rover della missione Mars 2020
L'area di Marte dove dovrebbe atterrare la la prossima missione
Un pezzo di un meteorite marziano: un suo gemello tornerà nello spazio per dei test
Fabrizio Zoccolo
Venerdì 05 Luglio 2019